#03 MORTI BIANCHE – IL PIÙ NERO DEGLI EUFEMISMI
"Mi chiamo Carmen." Ha cominciato a cercare di trattenere le lacrime non appena ha preso il microfono in mano, fissando nello spazio davanti a sé e stringendo il pugno della mano libera al su fianco. "Angelo Di Napoli era il mio compagno; il mio compagno di vita." Ha poi continuato descrivendo l'incidente sul lavoro accaduto a ottobre 2019 che prima ha fatto il suo compagno entrare in coma e poi morire dopo 210 giorni. "Ha lasciato una bambina di due anni, e il bambino che doveva ancora nascere. E così, hanno distrutto la sua vita – aveva 36 anni – e la nostra." Carmen ha detto di sperare che un giorno i lavoratori possano rifiutare un compito affidatogli perché troppo rischioso. "Angelo non avrebbe mai detto di no. Perché sarebbe passato per uno che non aveva voglia. O se non era lui, era un altro [a fare il lavoro]."
Carmen stava parlando a una manifestazione contro i morti sul lavoro. La manifestazione era stata organizzata a Milano, davanti agli uffici di Assolombarda; il posto era stato scelto perché i manifestanti ritengono che le aziende con il loro inseguimento del profitto siano colpevoli delle morti dei lavoratori.
Leggendo i giornali non si può evitare le regolari terribili notizie sulle morti dei lavoratori che sono caduti dall'alto o in qualcosa di profondo, o che sono stati colpiti con qualcosa di estremamente pesante, o i cui vestiti sono rimasti incastrati tra le parti dei macchinari in movimento. Tra le vittime ci sono perfino adolescenti a cui l'incidente è successo durante un tirocinio, la cosiddetta "alternanza scuola-lavoro". Nel 2021, il numero totale delle denunce d'infortunio con esito mortale in Italia è stato 1.221*. Questo vuol dire almeno tre morti al giorno – tre persone che non sono tornate a casa dal lavoro. Tante delle vittime sono lavoratori industriali; svolgevano lavori pesanti che dovrebbero avere tutta una serie di protezioni attuate. Solo che quel giorno nefasto qualcosa veniva trascurato, venivano prese delle scorciatoie – con conseguenze disastrose. Nel caso di Angelo, lui e un suo collega stavano sollevando e spostando un trasformatore con due martinetti perché "un'altra gru costava troppo".
Le dichiarazioni volano ogni volta dopo una morte particolarmente raccapricciante – anche dalle persone responsabili delle decisioni – esigendo che 'questa strage deve finire' e 'le cose devono cambiare' e così via, ma le statistiche di queste cosiddette "morti bianche" continuano a rimanere pressoché uguali. Nel giorno quando stavo completando questo testo ho letto la notizia di un 22enne che era morto mentre stava montando una teleferica nel bosco. Il proprietario della ditta responsabile dei lavori era suo padre.
Un'altra categoria è più invisibile, e più difficile sia da dimostrare sia da quantificare: i lavoratori che sono stati esposti a sostanze pericolose sul lavoro, il che causa per esempio un cancro più tardi. (Inoltre, oggi la situazione dei pazienti con cancro è naturalmente peggiorata per colpa della pandemia; le notizie descrivono spesso la cupa realtà delle cure rimandate o cancellate, di nuovo con conseguenze disastrose.)
Come diversi giornali hanno riportato durante gli anni, un'organizzazione i cui lavoratori hanno perfino portato la loro direzione in tribunale è il Teatro alla Scala; tra i lavoratori si sono verificati diversi casi di cancro, anche con esito mortale. Secondo i lavoratori il colpevole è l'amianto che in passato veniva utilizzata nell'edificio (incluso il vecchio sipario "intriso di amianto"). Infatti ci sono stati casi di mesotelioma, che è proprio una forma di cancro di solito associata all'esposizione all'amianto.
Il sindacato C.U.B. sporse la prima denuncia sulle morti relative all'amianto nel 2009. Il PM cominciò a indagare nel 2012 e il processo cominciò nel 2014. Tuttavia, in primavera 2021 il tribunale di Milano ha assolto tutti i dirigenti, perché "il fatto non sussiste". (La sentenza può essere appellata.)
Una delle persone a parlare alla manifestazione è stato Roberto D'Ambrosio, elettricista alla Scala e sindacalista del C.U.B. Lui è rimasto estremamente deluso dalla sentenza: "È assurdo che [...] i 15 lavoratori che hanno sempre lavorato alla Scala, si sono ammalati là dentro, non vengono riconosciuti [come persone morte sul lavoro]." D'Ambrosio ritiene che la sentenza sia "falsa e tendenziosa" e richiedeva al pubblico "mobilitazione quando ci sarà il processo di appello".
Tornando a casa dalla manifestazione ho visto frasi scritte con delle bombolette spray su un telone che copriva i lavori di ristrutturazione di un palazzo. Erano frasi relative alla morte di Lorenzo Parelli che è morto a gennaio nell'ultimo giorno del suo periodo alternanza scuola-lavoro; la sua morte ha alimentato ulteriormente le manifestazioni degli studenti che già stavano protestando contro le loro attuali condizioni di studio. Mentre fotografavo le frasi dall'altra parte della strada, tre giovani ragazze, più o meno della stessa età di Lorenzo, si sono fermate davanti al telone. Ignare di me e della mia macchina fotografica nonché delle frasi dietro di loro, due di loro hanno cominciato a fotografare qualcosa sulla mia sinistra. Dopo aver sentito tutte le storie e le dichiarazioni alla manifestazione contenta di vederle così spensierate; ragazze giovani che si stavano semplicemente godendo un pomeriggio soleggiato con amiche in giro per Milano – invece di, che so, partecipando ai funerali di uno dei loro compagni di classe morto in un incidente di lavoro.
(Altre foto della manifestazione qui.)
*Fonte: https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-dati-inail-2022-gennaio-pdf.pdf. Altre fonti parlano di circa 200 persone in più. Alle denunce vengono fatti accertamenti per verificare se può davvero essere considerato un infortunio sul lavoro e il numero dei casi verificati può essere più basso. Il numero citato contiene anche gli infortuni accaduti durante il tragitto tra la casa e il posto di lavoro.
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